Dottoressa Valeria Corbo

Psicologa e Psicoterapeuta

Telefono/whatsapp: 3755997405

 

il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre ma nell’avere nuovi occhi​
Marcel Proust​

Il rispecchiamento come strumento per aiutarli a dare senso all’esperienza

silhouette-1082129_1920.jpg

Bentornati Genitori!

Siete riusciti a creare degli spazi per avere cura di voi?

Bene, ora possiamo passare al primo step per comprendere come potete prendervi cura dei vostri figli e accompagnarli attraverso questa difficile esperienza che si trovano a vivere.

Immagino che, almeno inizialmente, la preoccupazione più grande, il dilemma, la sfida quotidiana, sia stata:

E ADESSO CHE COSA GLI FACCIO FARE TUTTO IL GIORNO A CASA??????

E via a cercare le più improbabili pagine internet, video tutorial e quant’altro e imbarcarvi in livelli di bricolage che non avreste mai pensato.
Quindi sulla questione, il mio aiuto non vi serve.

Invece, vi propongo di fermarvi, lasciare da parte colori cartoncini e colla vinilica, e osservare i vostri bambini.
Notate qualche comportamento diverso?
Tendono ad essere più agitati del solito? o al contrario “troppo” calmi?
La qualità del sonno è peggiorata?

Se la risposta è “si”, probabilmente stanno cercando di comunicarvi che c’è qualcosa che non va.
In base all’età, ovviamente, ognuno di loro userà gli strumenti che conosce per dirvi che per esempio sono spaventati, preoccupati, non capiscono bene cosa stia succedendo, sono annoiati, si sono stancati di dover obbedire a questo signor Conte che dice solo cosa non devono fare.

Come gestire tutto questo?

Il rispecchiamento potrebbe essere il vostro asso nella manica.
Quello che spesso i bambini non riescono a fare, poiché stanno ancora costruendo quella che viene chiamata intelligenza emotiva, è proprio dare nome a ciò che provano e senso a ciò che stanno vivendo.

E’ qui che entrate in gioco voi e la vostra capacità di far loro da specchio.
Osservandoli potrete intuire se sono spaventati, preoccupati, annoiati, arrabbiati, tristi e quant’altro.
Il passo successivo sarà quello di riservare del tempo non strutturato in cui semplicemente parlare con loro, chiedergli come stanno e rimandargli ciò che avrete notato prestando loro attenzione. In questo modo accoglierete i loro vissuti e glieli restituirete con un dandogli nome. Diventeranno così, non più qualcosa che non comprendono e non sanno gestire, bensì qualcosa di concreto, che ha un nome e che insieme a voi impareranno a gestire.

Vi faccio un esempio concreto.

Notate che vostro figlio/a da che giocava tranquillamente, adesso tende a lanciare tutto per aria e sembra non gli interessi nulla di ciò che ha a disposizione.

Potete invitarlo a fermarsi, o avvicinarvi in un momento in cui è tranquillo, e chiedergli come mai faceva così con i giochi, e magari ipotizzare: “sai, a me capita quando sono arrabbiato/annoiato/stanco ecc che vorrei lanciare gli oggetti, è la stessa cosa che capita a te?”. In seguito potrete insieme trovare un alternativa che non sia distruttiva per canalizzare tutta quell’energia che non sanno “maneggiare”, magari in qualcosa di costruttivo. Esercitandovi in questo fargli da specchio potrete notare che man mano, quando si sentiranno arrabbiati/annoiati/stanchi ecc. invece che lanciare i giochi per aria verranno da voi e ve lo diranno, chiedendovi magari di aiutarli a fare qualcosa per gestire la loro emozione.

Ora veniamo a voi, che state pensando: “si, tutto molto bello, peccato che mio figlio ha sei mesi, un anno, due anni, come faccio a fare certi discorsi?”.

Molto semplice. Non li fate, ovviamente.

Se siete uno specchio dovete riflettere quello che c’è, e se non ci sono molte parole ancora, userete quelle che ci sono, oppure, nel caso dei piccolissimi userete il contatto e il contenimento (che ovviamente sono utilissimi anche con i più grandi!).

Altro esempio, diciamo utile per bimbi da uno a due anni (poi dipende molto dalla ricchezza di vocabolario che varia da bambino a bambino).

Notate cambiamenti nel modo di giocare, una maggiore tendenza a lamentarsi, piangere, urlare.
Anche qui, possibili segnali di qualcosa che sperimentano e che non sanno gestire.
Se sono bambini abituati ad andare al nido, o a giocare al parco, e ora sono chiusi in casa, probabilmente oltre ad un accumulo di carica emotiva c’è anche proprio un accumulo di energia fisica che non possono sfogare come erano soliti fare. Se vi rendete conto di questo, quale miglior modo di fargliela scaricare se non giocando a rincorrersi (non hanno sicuramente bisogno di tanti metri quadri di casa), o fare la lotta sul letto; insomma passate del tempo impegnandovi in giochi fisici che gli permettano di scaricare un po’ di quell’energia accumulata.

Per quanto riguarda invece i vissuti emotivi, parlare con loro, dando nome alle emozioni, non sarà mai qualcosa di troppo complicato da ascoltare, purché voi semplifichiate il linguaggio in un modo che sia comprensibile per loro. Dopo di ché, il contenimento è sempre lo Strumento più adatto. Abbracciateli e coccolateli, in modo che si sentano protetti, non solo da ciò che è all’esterno e che non hanno gli strumenti per capire, ma anche da ciò che provano all’interno e che non sanno ancora gestire.

Sull’argomento ci sarebbe tantissimo ancora da dire, ma so che i ritagli di tempo per queste letture sono limitati, per ciò vi lascio tornare da loro, o da voi.

Se avete dubbi, domande, richieste, difficoltà, naturalmente contattatemi. Sarà un piacere ascoltarvi e confrontarmi con voi.

Un’ultima cosa, ricordate che per avere cura di LORO bisogna che prima ne abbiate di VOI.

 

Facebook
Twitter
LinkedIn
Pinterest